La conquista di un diritto non è mai definitiva, soprattutto quando riguarda il corpo delle donne, da sempre terreno di scontro politico.
I diritti riproduttivi delle donne subiscono da anni continui attacchi in ogni parte del mondo. All’inizio dell’anno, nonostante le oceaniche manifestazioni, in Polonia la Corte Costituzionale ha convalidato il divieto di aborto anche nei casi grave malformazione del feto, così molte donne sono costrette a proseguire la gravidanza contro la loro volontà, mentre i ginecologi che praticano l’interruzione di gravidanza rischiano fino a 3 anni di carcere.
Qualche giorno fa in Texas la Corte Suprema ha respinto la richiesta di bloccare l’entrata in vigore la nuova legge contro l’aborto, che vieta l’interruzione volontaria di gravidanza dopo sei settimane di gestazione, anche nei casi di stupro e incesto. Si tratta della maggior parte degli aborti, in quanto nelle prime settimane molte donne non sanno nemmeno di essere incinte e, comunque, sarebbe estremamente difficoltosa la diagnosi di un’eventuale malformazione. La legge prevede, inoltre, che chiunque possa denunciare i medici che praticano l’interruzione di gravidanza dopo il il periodo consentito.
In Italia, la legge sul diritto di aborto non viene toccata, ma la sua applicazione è continuamente ostacolata.
L’obiezione di coscienza, che riguarda almeno il 70% dei ginecologi, con punte di oltre il 90% in alcune regioni, impedisce di fatto l’esercizio del diritto e costringe molte donne ad interminabili peregrinazioni alla ricerca di un ospedale. Le stime del Ministero della Salute parlano di un numero compreso tra i 10.000 13.000 gli aborti clandestini, donne che si affidano alle”mammane” o acquistano su internet pillole abortive che assumono a rischio della propria salute.
Le donne che decidono di abortire, inoltre, raccontano di aver dovuto sopportare atteggiamenti ostili o criminalizzati da parte del personale sanitario, come se si fossero macchiare di chissà quale colpa. L’aborto terapeutico, ovvero quello dopo i 90 giorni a causa di malformazioni del feto o pericolo per la salute della madre, viene eseguito solo in pochissime città italiane da pochissimi ginecologi
Molte Regioni aprono le porte dei consultori e dei reparti di ginecologia, peraltro largamente sottofinanziati, alle associazioni anti abortiste.
In questi mesi di pandemia, le difficoltà per le donne che decidevano di interrompere la gravidanza si sono acuite, in quanto, almeno inizialmente, l’aborto non è stato inserito tra i servizi essenziali.
Anche l’aborto farmacologico, che, con un’adeguata assistenza medica, potrebbe rappresentare una valida alternativa per le donne che volessero accedervi, incontra forti resistenze a causa di una cultura che tende a criminalizzare le donne che decidono di abortire
La deospedalizzazione dell’aborto farmacologico è diventata particolarmente urgente durante l’emergenza sanitaria Covid 19, per evitare di accedere a strutture ospedaliere dove si rischia il contagio.
Ecco perché pensiamo che sia importante ricordare questa giornata: solo con la lotta potremo creare le premesse per garantire davvero a tutte le donne il diritto di abortire!
CUB Donne