Anna Cascioli, RSA e membro del Direttivo provinciale della CUB Sanità di Roma, racconta lo sciopero degli operatori educativi e culturali e la manifestazione organizzata dal Comitato Romano AEC:
ieri, 12 dicembre, ho partecipato al mio primo sciopero.
Non perchè sono giovanissima e sono entrata nel mondo del lavoro da pochi anni, anzi.
Ho 55 anni e faccio questo lavoro da quando ne avevo 22, prima con l’assistenza domiciliare poi, da circa 20 anni nella scuola.
È il primo perchè noi AEC non ne abbiamo mai fatti, prima di questo.
Per anni siamo stati considerati lavoratori poco importanti, poco tutelati, che facevano un lavoro di serie B, che nessuno voleva fare nella scuola: occuparsi dei disabili. È terribile ma è così. Ci hanno sempre detto che potevamo essere sostituiti da un giorno all’altro con qualcuno più competente, più accondiscendente, più accomodante, più simpatico. E questo ha provocato spesso paura e sfiducia nei confronti di qualunque nuovo collega si affacciasse all’orizzonte.
Negli anni sono passate alcune leggi sulla scuola e sull’integrazione degli studenti con disabilità che tutelavano anche noi operatori, ma spesso non ne siamo venuti a conoscenza, perchè nessuno si premurava di informarci, o, addirittura, ci sono state nascoste per mantenere stagnante questo sistema, in cui le scuole risolvevano il “problema” dell’assistenza ai disabili senza impiegare il loro personale e scaricandoci addosso tutte le responsabilità, le cooperative giustificavano gli stipendi miseri e i diritti inesistenti con il gioco di farci sentire lavoratori con un ruolo marginale, e il Comune, malgrado le spese per mantenere vivo questo sistema, poteva demandare ad altri l’onere delle nostre condizioni lavorative. Noi stessi ci eravamo quasi rassegnati ad essere lavoratori che non potevano pretendere gli stessi diritti degli altri.
Ma, come sempre succede in tutte le storie e nella Storia, fatalmente inizia un cambiamento.
Quando i tempi sono maturi, né prima né dopo.
Quindi abbiamo trovato un modo, anche grazie ai social network che ci hanno fatto da cassa di risonanza, di organizzarci e un tanti iniziare a protestare.
Lo sciopero di ieri è solo l’ultimo evento, dopo tante assemblee ed iniziative, ed è uno dei più riusciti.
Eravamo forse in 500 ieri mattina, in Piazza del Campidoglio, a chiedere l’internalizzazione del nostro servizio, per la nostra dignità e quella delle persone con disabilità, che meritano un servizio migliore.
Con noi c’erano anche alcuni genitori e insegnanti che comprendono e condividono le nostre richieste.
C’erano gli operatori domiciliari e gli operatori delle case famiglia per adulti con disabilità.
Stefano Fassina, consigliere comunale che ci sostiene politicamente da quando è nato il Comitato, ha fatto un intervento applauditissimo e apprezzato.
Ci siamo trovati in allegria con striscioni e cartelli ironici, con slogan gridati a squarciagola, senza nessuna bandiera, con in nostri ombrelli rossi, simbolo dell’urgenza di trovare una soluzione.
E, dato che siamo persone serie ma non seriose, ci siamo divertiti tanto anche ad organizzare una improvvisata LotteriAEC per poter affrontare le spese che avrà il comitato nei prossimi mesi.
Questo sciopero era stato deciso da tempo, quando, ad appena due giorni di distanza abbiamo ricevuto una convocazione dagli Assessori de Santis e Mammì per iniziare a parlare di un tavolo tecnico, tanto richiesto e atteso, ma finora mai accettato dagli Amministratori, che inizierà dal 10 gennaio.
Spero di riuscire presto a vedere considerato il mio lavoro con l’importanza che merita.