L’inclusione degli esclusi

Immagine: Redattore sociale

Riceviamo da una operatrice per l’autonomia e la comunicazione di Roma Capitale e, volentieri, pubblichiamo.

Scelgo di proporre questo lavoro di memoria, per ribadire l’importanza dell’Educatore:
Due bambini dai volti sofferenti, seduti a terra, placcati da camicie di forza, legati a termosifoni di ghisa, con sfondi consumati bianconero.
Quest’immagine, come tante altre, riecheggia nella nostra memoria collettiva che, all’epoca risvegliò l’opinione pubblica e le coscienze di molti, riguardo l’abbandono e poi l’integrazione nel mondo della disabilità.
Dalla pubblicazione dell’immagine in questione son passati quarant’anni, ma gli Educatori già dagli anni ’50, ma sicuramente da prima, operavano sul tessuto sociale.
Tante le leggi che hanno ribadito il necessario operato di figure specializzate e professionali stabili, intorno a questo mondo speciale, senza però mai completarsi in un ruolo effettivo, una collocazione concreta, sia da un punto di vista del dove e per chi lavorare, sia pure dal punto dell’effettivo valore salariale. L’unica certezza che un Educatore professionale, un pedagogista, un operatore pedagogico o sociale o sanitario, un AEC, un OEPA, un OEPAC (vedete anche sul nome vi è confusione!), sarà quello di lavorare in situazioni limite, sulle fragilità, sulla cura, sull’inclusione, sulle autonomie dell’individuo nel contesto sociale che vive.
Gli Educatori hanno trascorso talmente tanto tempo sul filo del rasoio che, la professionalità con cui intervengono sul campo è esemplare. La versatilità di un Buon Educatore nel giostrare i problem solving all’interno del contesto lavorativo, è dovuto allo spirito di adattamento e alla necessaria presenza, purtroppo non legittimata da parte delle istituzioni. Non me ne voglia qualcuno per l’uso ormai inflazionato, ma si adatta il termine di resilienza riguardo l’Educatore.
Insomma questa figura può lavorare nel servizio OEPAC, SISMIF, SAISH, CAS, quindi a scuola, in relazione al Tribunale, in domiciliari per la disabilità, nei centri di aggregazione sociale, nelle carceri e altro e tutto questo a costo zero, praticamente.
Ma nonostante tutto non riesce ad allontanarsi dal lavoro, perché “È” quel lavoro.
Nei mesi appena trascorsi, dopo scelte poco chiare e parecchio barbare di Municipi e Cooperative, gli Educatori giustamente si sono uniti con costanza in scioperi, assemblee, delegazioni sindacali che incontrano assessori e gridato insieme BASTA.
Ancora oggi nel 2024, il livello lavorativo e salariale è lo stesso, tante ore lavorate per delle paghe minime, dove i contratti part time sono sfruttati, dove l’inquadramento rimane stabile e vanifica quelli che sono i titoli di studio, dove da parte del datore di lavoro non vi è rispetto del CCNL, né tanto meno della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, come operatori del settore, ma soprattutto come esseri umani, con vite, famiglie e affitti da pagare.
In quasi mezzo anno trascorso, si può sicuramente dire che gli OEPAC, Operatori Educativi per l’Autonomia e la Comunicazione, abbiano finalmente raggiunto una maggiore coscienza personale e non solo nel qui e ora, ma anche nel collettivo, a livello nazionale, di come il sistema, di cui sono parte, debba sbloccarsi, verso il giusto riconoscimento, verso l’Internalizzazione da parte del Ministero.
L’alterità che caratterizza l’aspetto deontologico dell’Educatore che si è sempre riversata “verso il”, ora più che mai, inizia a reclamare un riconoscimento per la propria dignità e il rispetto di sè.
Questa rivoluzione continuerà forte e ottimista sicuramente nel futuro prossimo, con una lotta educata di chi e per chi, consapevolmente e inconsapevolmente, avanza ancora nel limbo degli esclusi.

F.M.