RIFORMA DEL RECLUTAMENTO O PRECARIETÀ GARANTITA?

Il ministro Bianchi va avanti per la sua strada sfoggiando il solito decisionismo confuso, come un ubriaco alla guida di un tir.

Egli non si cura del fatto che il suo governo ha imposto una procedura concorsuale “semplificata” e nozionistica, lui ne ha affidato la realizzazione ad incompetenti i quali hanno farcito i quesiti di errori, di conseguenza si è fatto strage dei candidati e avviata l’ennesima stagione di ricorsi, alla fine non si coprirà nemmeno la metà dei posti disponibili messi a concorso.

Non se ne cura e anzi rilancia, varando un nuovo percorso ad ostacoli per diventare insegnanti e promettendo 70.000 nuove assunzioni entro il 2024!

Tralasciamo il fatto che i precari oggi in servizio sono almeno 200.000 e perciò le nuove immissioni in ruolo dovrebbero essere almeno il doppio di quanto promesso e fermiamoci al dato di realtà: se l’esperienza sopra ricordata insegna qualcosa, il ministro è destinato ad inanellare l’ennesimo fallimento che non porterà alcuna riduzione della quota di precari impiegati a scuola ma, più verosimilmente, alla sua crescita.

La sua proposta di reclutamento, approvata dal Governo, infatti presenta molte criticità:

  • eccessiva durata del percorso formativo definito da Laurea magistrale, formazione iniziale abilitante (60 CFU, in parte di tirocinio, equivalenti ad un anno di università), concorso pubblico, anno di prova, valutazione finale dell’anno di prova;

  • ammesso che si rispetti la cadenza annuale dei concorsi, fatto di cui non si ha memoria, i più fortunati arriveranno ad un lavoro stabile ben oltre i 28 anni di età;

  • il concorso non sarà più abilitante e anche il percorso di specializzazione varrà di meno rispetto al passato poiché prima si era inseriti nel doppio canale di reclutamento mentre ora si dovrà per forza sostenere il concorso;

  • il decreto, lasciando presagire un’ulteriore inaccettabile diverso trattamento tra colleghi, si riferisce alla sola scuola secondaria e ignora quella primaria e dell’infanzia;

  • non sono risolte le difficoltà di coordinamento tra necessità dell’istruzione e offerta formativa delle università che, nel tempo, hanno inceppato prima le SISS, poi i TFA e infine le FIT;

  • non si pone fine al continuato e colpevole abuso dei contratti a termine, già sanzionato in sede europea.

Le soluzioni per avere una scuola seria, eliminare la precarietà e garantire la libertà d’insegnamento sono ben più a portata di mano rispetto all’ennesima riforma del reclutamento (la quinta dal 2010!): fare concorsi affidabili; assumere su tutti i posti liberi in organico di fatto e di diritto; reintrodurre il doppio canale per soddisfare le necessità del precariato storico e dei nuovi laureati; definire un piano di assunzioni straordinario per i precari storici; restituire dignità alla professione docente rinnovando il CCNL, scaduto da 3 anni, con significativi aumenti salariali in paga base.

Ma questo governo ha già dimostrato che non intende affrontare il problema precariato perché esso costituisce un grande risparmio e un costante ricatto nei confronti della categoria. Anche per tutto questo chiamiamo la categoria allo sciopero il 6 maggio prossimo insieme a tutto il sindacalismo di base.

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